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Covid-19: parte dalla Federico II la prima sperimentazione italiana sulla sanificazione UV-C allo Xeno in ambienti contagiati da Covid – 19.

I test coordinati dalla prof.ssa Maria Triassi proseguiranno al Policlinico per tre settimane.

E’ partita il 14 Maggio dall’Università Federico II di Napoli la prima sperimentazione italiana del sistema di sanificazione degli ambienti contagiati da Covid-19, ed in particolare gli ospedali, con Luce UV allo Xeno.

A tenerla a battesimo nell’Edificio 19 dell’Azienda Ospedaliera, sono stati la Prof.ssa Maria Triassi (ordinaria della Cattedra di Igiene Generale ed Applicata del Dipartimento di Sanità pubblica c/o la AOU) e, per la Sams sanificazioni per ambienti sicuri l’AD Giovanni Gentile ed il direttore generale Marcello Gentile con la biologa Antonietta Rossi.

Il personale del Policlinico ha piastrato dei ceppi batterici e contaminato delle piastre poi posizionate all’interno di una stanza in vari punti, tra cui anche zone d’ombra. Quindi, è stato messo in funzione nella stessa stanza l’apparecchio che “spara” luce UV, che ha sanificato la stanza nel giro di pochi minuti. Nei prossimi giorni, si verificheranno quindi gli esiti della procedura che sarà quindi ripetuta per tre settimane grazie alla disponibilità della Sams che ha messo gratuitamente a disposizioni sia i dispositivi che il suo personale. 

Tale sperimentazione verrà attuata in stanze dove hanno soggiornato pazienti Covid-19 positivi e consisterà nell’applicazione di lampade allo Xeno a seguito della procedura di sanificazione routinaria: i risultati ottenuti potranno essere utili per definire protocolli di sanificazione efficaci per la riduzione delle infezioni correlate all’assistenza e per garantire una maggiore sicurezza agli operatori sanitari.

I prelievi verranno effettuati su superfici critiche (high touch surface, tastiere, maniglie, porte, lavandini, water) e aria prima della sanificazione, dopo la sanificazione e dopo il trattamento con lampade allo Xeno UV-C e verranno ripetuti con cadenza settimanale per una durata di 22 giorni. Sia sulle superfici che nell’aria verrà effettuata la ricerca della carica batterica totale, la carica micotica, la ricerca di Gram positivi e Gram negativi in conformità alle norme tecniche ISO. Sulle superfici verrà effettuata inoltre, la ricerca di Covid-19 mediante tecniche di biologia molecolare (RT-PCR).

“Nella sperimentazione di una nuova tecnica di disinfezione – ha commentato la professoressa Maria Triassi – può aiutare la sanificazione normale effettuata con derivati del cloro o con derivati alcolici sulle superfici, sui pavimenti e sulle pareti. In questo caso invece si tratta di una tecnica di disinfezione ambientale che riguarda soprattutto l’aria e le superfici presenti nell’ambiente trattato: sarà sperimentato sia in vitro, per quanto riguarda la sua efficacia su superfici inanimate e contaminate artificialmente, che in vivo in strutture a rischio come ad esempio le sale operatorie o i reparti Covid per vedere se effettivamente questa apparecchiatura può costituire un valore aggiunto nel garantire ambienti sanitari sanificati in questa emergenza che stiamo vivendo”

“E’ evidente – ha spiegato quindi Marcello Gentile – il valore aggiunto di questo studio : se si dimostrerà la maggiore efficacia di questo tipo di procedura rispetto a quelle attualmente in uso, che numeri alla mano non hanno garantito risultati di totale sicurezza, non solo si salveranno molte più vite umane in quanto ci sarà minore possibilità di contagio ma anche le aziende ospedaliere saranno tenute a meno risarcimenti e meno pazienti da curare per salvarli dalle infezioni prese in ospedale, e diminuirà quindi in generale la spesa pubblica della Sanità Italiana”. 

Ma come funziona l’apparecchio e che differenza c’è con altre santificazioni? 

“Il principio è molto semplice – ha spiegato la biologa Antonietta Rossi – in quanto il funzionamento del dispositivo si basa su una radiazione UV C che provoca un danno cellulare irreversibile, distruggendo di fatto il materiale genetico del patogeno: quindi il DNA per i batteri e l’ RNA per i virus e quindi anche il SARS-Cov-2, più comunemente detto “Covid 19”. A differenza del classico ipoclorito di sodio o ( etilene no? )candeggina dove non c’è certezza di efficienza su Covid bensì il rischio di tossicità ed errore umano; poiché parliamo di di trattamenti di sanificazione esclusivamente  manuali. L’ozono invece si è rilevato inefficace e incompleto per quanto riguarda la sanificazione dell’aria , inoltre in caso di Covid esso inattiva i recettori virali ma non distrugge il virus; quello che si va a distruggere invece con le radiazioni UVC di questo nuovo metodo”. 

I vantaggi, quindi, sono di facile deduzione, come ha spiegato infine Giovanni Gentile : “Sicurezza, velocità, non invasività. I dispositivi sono altamente performanti e ciò consente di poter certificare l’avvenuta e corretta sanificazione con cognizione di causa. Stiamo avviando rapporti di collaborazione con altri operatori del settore per la creazione di una rete di ‘sanificatori di fiducia’, che ci consentirà di allargare il servizio nelle altre regioni”.

I test saranno ospitati anche dal laboratorio di Microbiologia dell’Unità di Ricerca di Igiene Medicina Preventiva e Statistica Sanitaria e saranno tutti condotti da un’equipe di microbiologi composta da Francesca Pennino, Tonia Borriello e Carmela Iervolino. 

L’efficacia dei dispositivi della SAMS è stata già dimostrata in test clinici effettuati presso i laboratori dell’Istituto di Virologia D. I. Ivanovsky del Ministero della Salute della Russia, che ne attestano l’efficacia sul Covid – 19 ma mai nessuno aveva effettuato test in nosocomi.