A partire da quando è apparsa per la prima volta in India a partire dalla fine del 2020, la variante Delta è diventata prevalente in buona parte del mondo rappresentando la principale causa infezione da Covid-19.
Come è risultato evidente da studi effettuati finora la variante è effettivamente in grado di diffondersi più velocemente. Dopo i primi casi riscontrati in India, virologi ed epidemiologi avevano iniziato a segnalare quanto la variante Delta riuscisse a diffondersi a ritmi più elevati rispetto alle prime versioni del Corona Virus.
I ricercatori hanno sottoposto 62 volontari a test per rilevare la loro carica virale, che indica quale sia la concentrazione del coronavirus nell’organismo (più è alta più si è contagiosi, in genere). I risultati sono stati poi messi a confronto con quelli di altre 62 persone che avevano invece contratto le prime versioni del virus.
In media la variante Delta si è cominciata a sviluppare a quattro giorni di distanza dal momento del contagio, a differenza dei sei giorni mediamente necessari perché un soggetto sviluppasse la contagiosità con le versioni iniziali del virus. Questa circostanza sembrerebbe quindi provare che la variante Delta abbia la capacità di replicarsi più velocemente nell’organismo.
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I ricercatori ritengono quindi che il periodo di incubazione più breve e la maggiore concentrazione siano due elementi fondamentali nel determinare il successo della variante delta. La maggiore presenza del virus nelle cellule dell’apparato respiratorio rende più probabili le circostanze in cui una sola persona ne infetti molte altre, che diventano a loro volta contagiose più velocemente rispetto a quanto fosse stato osservato con altre varianti del virus.
I tempi di incubazione più bassi inoltre rendono difficoltose le attività di tracciamento dei contatti, che non sempre possono essere eseguite tempestivamente a causa dell’alto carico di lavoro per gli addetti in una fase in cui tornano ad aumentare i contagi.